2011 Jeux avec moi? con Armida Gandini, settembre 2011 Gallerie Koma, Mons, Belgio veduta mostra.

2011, Jeux avec moi, con Armida Gandini, Gallerie Koma Mons, Belgio.

2011, Jeux avec moi, con Armida Gandini, Gallerie Koma Mons, Belgio.

Salvatore e Armida presentano un’installazione site specific che, pur partendo da percorsi distinti, intesse un unico dialogo sulla dimensione dell’infanzia come grande bacino di espressività e narrazione di storie:
Falci con il progetto Effetto Canova, come il grande scultore neoclassico che abbozzava i suoi capolavori per poi rivolgersi ai tecnici artigiani e intervenire nel lavoro nella fase finale, interpreta l’atto creativo come appannaggio della freschezza espressiva dei bambini: interviene quindi come scalpellino, realizzando del prototipo disegnato dai bimbi la versione nobile ingigantita dalla proiezione degli stessi (ingrandimento 10 volte di un foglio A4, per una dimensione di 2 x 3 metri)
I primo disegno scaturisce da una relazione con i bambini, che con naturalezza regalano agli adulti le loro immagini disegnate: nello specifico Salvatore ha raccolto questi disegni durante incontri o workshop con bambini che gliene hanno fatto dono e, restituendo loro una nuova superficie (metafora della nobiltà del marmo per Canova), conferisce attraverso la sua mediazione di artista consapevole quella dignità negata alle produzioni infantili: umilmente diventa l’artigiano al servizio della creatività facendola accedere allo spazio deputato dell’arte.
Con un’evoluzione del progetto Il Dono, Armida contestualizza nella galleria, ubicata di fronte ad una rara torre barocca – monumento civico rappresentativo della città di Mons – il suo lavoro elaborato partendo dalla matrice letteraria della fiaba di Raperonzolo: la protagonista è una ragazzina nella torre d’avorio, a cui appunto le trecce, intese come prolungamento del corpo, consentiranno di superare le barriere dell’isolamento per entrare in contatto con ciò che la circonda, per uscire dalla sua corazza, donarsi e ricevere a sua volta dei doni. Lo spazio della galleria diventa a sua volta il luogo di reclusione, ma le trecce/segno emergono dal muro in fondo per dirigersi verso lo spettatore: una richiesta di aiuto? Una manifestazione del bisogno di relazione? … l’immagine del vivere come superamento nel tempo di ostacoli progressivi? Nessuna risposta, se non, forse, altri muri che si ergono …